Franciscus Patricius: Della historia diece dialoghi - page 116

do ttrina#gran tempo
ch'io ammiro altamente &r tm n fio .
Et
apparecchiato ad
udirtri,gràricevere infin nellequelleraggiorni>che
voi per fucini conterete. L IO ISg Et uoi adunque
ad
. '
Di q u i
medefimigiorni,cheeglifu daVSenato,fatto 'furio
Terra ferm a ,'
ragio mudo io'un
dìcon
luimi dimandò,quali fojfedop
pri,
gli
fiudi miei.
Et io gli difìi, ch’iom era intornodato. Et egli,
g r qualihifìoric,diffe
antiche,òpurmoderne?Antiche,gr moderne gli rifpo­
f i
io.
Etàqualfine,riprefe e g li, g r quefle,gr quelle? Et lu n e , rifpofi io,gr
l altre,per valermenequando che fia nelle mie attioni-. Anchora ch’io
che e nifieno di quelli,che ad ufo ninno[fendono dì gran tempo
ma filo per fapeme quando huom talhor f i
altrui compagnia, ra­
gionare. A che egli,cofi trafdegnofi g r nòfecondo che e la firn natura di ar­
dente moto: g r come, diffe,per ragionarnefolu ? Queflo è un grande erro­
re. Conciofia cofa che le hiflorié,nonfieno à queflo fine di ualerfene
te in
novellare,ma e bfogna convertir la lor lettione in att ione. Si coinè la ■
moralefilofifianon
bajladifapcrlagma ella efa tta per porlaopra.Cofi chiù
qttef i da a llbifioria per fiiucllarnc alcuna
motta che egli oper
tuna,operignoran
za,nonbabbia rifar mondoattione a lcun an e
,
prìuata ; mafia da cieli allotto
de(linato.Oltreerrore,egli
dotto urialtro,di queflo non minore. Et e,che nonf i leggono bora altre che le
moderne hiflorié.Et àourebbono
inoflrigiovani
rie d’ogni condìtiene, per trame ogni maniera
logouerao,
la pace di quella J\epublicapatria
loro.
E t
fermarf i , quanto altri può
nella offimationc,gr nella
imitationediquelle tfepublicbcjcquali
p i fiorironogloriofe. Et
inqual gufa,difìi io alhora,fi può tradur
ria,utile alla patria nofirn ?
Etcome,difìcgli,nEtnoi à che ui fin iite
dell'h:fiotta ?poi che di
fennruene diccfic.
rifiofi le
rite,& le calamità degli huomini,di che fino
piene : per
di'
qui regolare la mia uita,girfuggirla per quanto io poffa dalla reafortuna .Co-
tetto è buonfitte,rifiofi egli,della uofira lettiene. Ma f i come à buon cittadi­
no di Ifepublica, <grpiù debita,gr più lodcuol
cura del publico
che del propriotcofipiù eccellente
fenùgiotragge dall’bifioria
per la patriafiut,che f i il f a per f i medefimo. A t r a r queflo dall'hittoria,
difìi io,non bullettaio l’animo anchora battuto. La onde, pofeia che noi dite
che
f i poffa
trarre?io
uipriegocaramentecheperciò mi diate q
maettramento,grqualche norma
;
perche iopoffa à cofi b e l l o g r lodcuol fine
tpiiei sludi
incaminarc.Et io fa rò ciò,diffe egli, ben
. Et
-
N
oci dafì: queflo capo
.
Certa cofa
è
che tutte le eperarimi
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