Giulio Camillo Delminio: L'Idea del Theatro - page 286

SO P R A ' L I. S O N .
i l i
Et C/Oseppi to
dopoi
.
Lungafiagion di tenebre ueflito.
intendendo per l'ignoranza della giouentù ,
che è aggifa di una tenebro/a notte alle giouenet
te menti
,
Et parlando à giovani alle
179,
Mae
io u'annuntio che uoifete offejì
,
> Di
un graue
, e
mortifero lethargo
,
* Alquale è un foimolcnto morbof i
,
che per lui,
-“Asai
infermi addormentati uanno a morte
.
Quefio'
~~
\h ia m ò Paolo Apoflolo mortem peccati
. Et DaewH*
Clamabo ad te per dietnyy non exaudies, y
nofie yfed non ad infoientiam m ih i.
coso
altrove^
Mane
exaudies uocem meam
; dotte
Origine
,
y
Gieronimo dicono .
Marte
id efi Slatini
, tene­
bra
fugere ceperint y exaudts
, no;> quaew
finem
meum . Imperò Iddio yfrioito che Thuomo fi sve­
glia dalia notte delpeccato, Tefftudfce y tlqual
tempo dello svegliamento è
,
come Aurora e m at­
tino tra la notte paffata del peccato
, coso
ilgiorno
dellagratia.
Per
laqual cofi diff
?
il Petr. alle
45*.
Giàfu per Talpi neua d'ogw intorno
,
Et e
g ià prefifo ilgiorno
,
ond'iofon deflo
.
Et allei $ 7 .
'
' /
Subito ael/W come aecquae il
fuoco amorZd9
D'un lungo egrave fonno mi rifueglio
.
Etale
66
.
Vuggir difpofgti inuefeati rami f
Tosco
ch'incominciai d i veder lum e.
^
Et in quello luo^o usa
fidamente quefie voci,
Veggio hory cioè ueggjo in quefia età uecchia con
g li occhi della meniequello cheperii paffatofon-
no non ho potuto vedere • rmjlrm fxUa■
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