Giulio Camillo Delminio: L'Idea del Theatro - page 494

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ordine da non ufcire mai di mente tante arcl?e\
o conjèrue
,
che dire vogliamo, da riporre cia­
scuna cofa
, esse
cia/cun modo d i dire, che nel
mondof a . Et che le parti del corpo come luo­
ghi nceuere f i poffono , ci infegna Galeno ; il-
quale nell'opera chefece, delle pafiioni
,
che alle
membra dell'huomo poffono auucnirc , dice >le
parti del corpo humano da tuttig li antichi effe-
re Siate chiamate luoghi. Laquale im preft pri
ma che ci porga la utilità predetta
,
ci conduce
fecondo il fixnto detto di Apollini alla cognitione
di noi Sìefii.
Et
veramente nonf i che pruden­
tia habbtano gli hmm tm di cercare dottrina di
tutte le cofifuori che di fe medefinii, conciofla
cofa che quefia donerebbe efferc la prima
. H
or
quale opra u f i mai fuori delle mani detteterno
m afro più divina dclthuomo? certo ninna.
Et
ciòJicuraniente poffo dire nonfolamente per
hauer con alcuna. diltgenZji corfio più uoltc il
diurno Tim eo, in che Vtifone è tutto d'intorno
alfyumano ca po con grande meraviglia occu­
pato r le opere di Galenofopra ciò, Arifiotele
,
Cornelio Ceffo
, M
arco Tullio nel fecondo
della natura de i
D esi Plinto,,
L.Utantio
, esse
molti a ltri, che fopra tale fabrica con divini
penferi fono dim orati
. MA
per effermi ancora
da uno Eccellente Anotomif a hornai in due cor­
pi humani di membro in membro il divino ma-
giflero mofirato : ne fidamente ci t paruto
toso
uerfi conftderare ignudo di fuori
> esse
dentro
quefio corpo, ma a certi tempi conticneucli
a
g u fa del Vertnrmo di Ero[erti?
essedl
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