Giulio Camillo Delminio: L'Idea del Theatro - page 513

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oso s e - ' s i *si*oso* • si-os
Ai
chi piaceva à lui, fr u ir fidette lettere del n i
mie :
.esse per
g /atia di efempiordirò di quel mo*
do che usò in m ier lodar la mogliedf-Tolotneo^
chehauea nome ccpatvoni ch efnona cfaation di
piente, efio col helloforteto fio lrafir\ìtandole
lettere in quefio modo la fece dm en fa o r/ffd a f
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Lochiamo adunque
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p a rti# , d i una parola
facendo du e
,
lequdhfigm fornoM ivlàdi Gin
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none. Et
benché quefia uia. d ì Ucofione fia
bella
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nondimeno quella dellantica hcjjratcrt.
theologiae marauigliofa:
esse
tanto maggfcrA
m ente
,
quanto è comprobata; dagli oracoli de*
Profeti
,
Ma perche mi uo io dintorno a f i p n
fonde cofe auoghendo ? certo lllufire Signora
per dar cibo:contieneuole
Ala
profondità del uo
Siro Atifiimo ingegno : al qualm i duol di non
poter giungere# percheforerei,s'iogiugnefifi
Ai
m eritar ancor più caro Imco nelcuor fuo*-
#
*
Yìtfruche più d/ro to ? Viro certo quefio
>
mol
•t'olUufire-Signoray
esse
unicofjìeg n o della men
le inut; cherfondo iogiunto a quefio luogo
;
m i
fu portata una lettera di uofira Signoria-: la
A io heléc agrande miracolo# che fcrium»
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